RECENSIONI CD
IMPERMANENCE– 2008
Oggi il Tibet è sulla bocca di tutti, stolti ed ipocriti compresi. Difficile discernere, ma oltremodo doveroso, nella vita come nell'arte e nella musica. Stefano Scala va in profondità e lo fa camminando ed elevandosi su sentieri sempre piu' accidentati e rarefatti, come quelli che portano al Kailash la piu' bella e misteriosa e sacra vetta dell'intero Himalaya. No, niente scorciatoie new age qui, niente vie facili e consolatorie per raggiungere il Nirvana, come dice il regista Goutam Ghose, da cui Scala prende a prestito il titolo per il suo cd: “Noi siamo nati per morire, ma la questione fondamentale è come vincere il dolore nel tempo che intercorre tra la nascita e la morte,,….
Situandosi sulla scia di studiosi ed appassionati di musiche del profondo di quella particolare area Asiatica, come Christian Bollman e David Hykes per il canto armonico, Steve Tibbetts per l'avant jazz, certo David Parsone per l'ambient, Eliane Radigue per il minimalismo…Stefano Scala compie un viaggio sulle orme dei nomadi tibetani, facendosi attraversare ed attraversando cerimonie e danze sacre, iniziazioni rituali, restituendoci infine le sue emozioni in 7 tracce, dove una pletora di strumenti etnici si mescola a voci, canto armonico, tastiere elettroniche, suoni naturali, percussioni, idrofoni e corde, per uno dei piu' ispirati dischi di Ritual Ambient che ancora di tanto in tanto circola intorno a noi.
(Blow Up – Gino Dal Soler)
La ricerca spirituale di Stefano Scala ancora una volta sceglie la musica o meglio sarebbe dire i suoni, per aggiungere un'altra esperienza alle molteplici già effettuate nel corso degli anni. Interamente dedicato alle suggestioni del Tibet, del suo popolo, della natura che in quel paese martoriato raggiunge grandezze inusitate Impermanence è forse la sua opera piu' estrema, in cui le tracce di melodia e armonia si stemperano con i ritmi che si rifanno tanto ai riti ancestrali dell'iniziazione tantrica quanto a una quotidianità inconsueta e profonda. Emozioni destinate essenzialmente alla musicoterapica, ma non per questo prive di interesse per una funzione piu' profana e meno impegnativa, le composizioni di Scala hanno un senso soprattutto se lette con il cuore : i suoni immediati ed evocativi non lasciano indifferenti anche l'ascoltatore piu' distratto, ma soddisfano pienamente anche chi esige musica piu' strutturata. Ne è un esempio il brano che dà il titolo al disco, che addirittura ha dei passaggi che sconfinano nel pop, pur senza svilire la materia trattata che permane sul piano dello spirituale. Come nei precedenti cd ed in particolar modo in Unsui e Bon Voyage, Impermanence lascia pienamente soddisfatti anche dopo ripetuti ascolti : tali e tanti sono gli ingredienti di questa magica ricetta che ogni volta si ha la possibilità di assaporarne di nuovi, di diversi, di stimolanti. Un consiglio : superate le diffidenze e lasciatevi andare.
(FB Folk Bulletin - Dario Levanti)
L'oggetto della ricerca di Stefano Scala è la musica etnica. Impermanence nasce dal suo viaggio in Tibet e dai suoni di questa regione….Impermanence giunge qui su Audiodrome, per l'aggancio con la musica ambient, che spesso si trova in contatto con sonorità non occidentali per aprirsi a dimensioni mistiche e meditative. Scala non crea new age leccata e insincera, ma utilizza i field recordings per farci sentire in viaggio al suo fianco, per farci camminare assieme a lui col vento in faccia e scoprire la natura e la cultura del Tibet (Kailash I oppure Tamuke)…..oppure episodi piu' sognanti come Sherpa Dance….l'ascolto del disco è consigliato.
(Audiodrome – Fabrizio Garau)
Impermanence è un lavoro veramente bello, sia per le atmosfere, sia per i suoni. Come sempre Scala disegna sonorità ricche di spunti pittorici, colori e armonie si mischiano spiritualmente. I suoni della natura ci avvolgono e Scala ben sa come creare queste atmosfere, sia con strumenti acustici, sia con sonorità elettroniche. Proprio queste non sono mai invadenti, ma anzi sorreggono e aiutano il suono acustico ad innalzarsi, per poi spingersi sulle tele artistiche del viaggio. In brani come Kailash I e II, il vento insieme alle voci ed agli strumenti è l'attore principale di un percorso mai scontato, anzi sempre nuovo e ricco di spiritualità. Lo studio sulla voce di Scala in brani come Kailash I, è evidente e molto suggestivo. Nella seconda traccia del CD, Sherpa Dance, Scala si ricorda di esser prevalentemente un percussionista, ma qui il compositore milanese, non cade nei soliti ritmi pieni di poliritmie ed affini, ma apre il discorso verso sonorità ritmiche etno-danzanti, forse semplici, ma non meno riuscite, senza voler cadere in un discorso etnomusicologico, crea a propria immagine una scena di danza sherpa, seppur “inventata” molto suggestiva, che cambia direzione di suono, dalla prima traccia del CD. Con la terza traccia arriviamo ad una festa in un villaggio, dove piccoli strumenti si inseriscono al suono di corde e percussioni, anche naturali. Nel quarto brano, in Gutei, Scala osa optare per sonorità decisamente inusuali, dove gli effetti elettronici, uniti alle voci, sono l'asse portante insieme a leggeri colpi di tam tam e di gong, per sfociare in un percorso, seguendo il koan “Gutei alza un dito”, per poter scoprire che la forma di una persona parla della sua personalità, magari attraverso il cammino di un giovane monaco….in Tamuke, l'unico brano dove Scala ha solo curato l'arrangiamento, il suono dolce e straziante, del flauto giapponese, shakuachi, sorregge tutto il pezzo, intrinseco di atmosfere che rimandano ai giardini zen, ma qui dopo esserci rilassati, in questo giardino, Scala musicista, certamente, difficilmente catalogabile, meraviglia tutti, inserendo nella sesta traccia, un riff di basso e batteria, molto ciclico, che in apparenza potrebbe risultare fuori luogo, ma invece ai piu' attenti, sia musicalmente che spiritualmente, puo' certamente aprire quella stretta porta, che porta alla via esoterica, della ricerca della verità…infatti il riff ciclico è da collegarsi come invito al viaggio, attraverso, una cellula pop, alla circoambulazione rituale del sacro monte, Kailash, che compiono i pellegrini nomadi che da ogni parte del Tibet e dell'India, decidono di fare…ecco il significato della foto in copertina. L'ultima traccia Kailash II, è un segno finale di chiusura, ciclica, ma anche qui è da ascoltare con un orecchio, esoterico e forse questo, non è da tutti, ma solo per chi vuole veramente ascoltare…e viaggiare. Grazie Scala, per i tuoi viaggi sonori e spirituali.
(Beyonde Music – Jack Dermott)
La musica di Impermanence, ci accompagna prendendoci per mano verso il tetto del mondo. Un cammino su sentieri difficili e minati dall'indifferenza dei grandi comandanti dei popoli e soprattutto dei governi, che spesso dimenticano i piu' deboli. Questa musica, così ricca di armonici meditativi, accompagna l'ascoltatore verso il sapere del rispetto e dell'Impermanenza, grazie a suoni acustici sapientemente accompagnati da sonorità d'ambiente talvolta impreziositi da sonorità di stampo elettro – ambient. Un disco certamente non musicologicamente tibetano, ma certamente ricco di spunti di riflessione e di sonorità paesaggistiche che ci portano all'ascolto interiore.
(Emme D Music – Silvio De Salvi)
Impermanence : un viaggio all'interno di paesaggi sonori emozionanti. Ben fatto.
(Roberto Juri Camisasca)
Impermanence ci accompagna sul Pianeta Tibet. Dal Tibet arriva un messaggio per la salvezza dell'umanità e il compositore e ricercatore musicale, Scala Stefano, ci prende per mano e ci permette di compiere una circoambulazione rituale del sacro monte Kailash, montagna sacra di tutta l'Asia. Il canto armonico, le sonorità ricche di spunti spirituali, le percussioni rituali, le ciotole sonore ed i synth utilizzati sempre al servizio del suono acustico, uniti ad un messaggio meditativo e di pace, aiutano in questo momento così tanto delicato per la situazione tibetana (Olimpiadi in Cina) a fermarci per un momento in modo da scoprire il mistero dell'impermanenza. Se con “Bagliori dell'Anima”il maestro Scala, aveva preso in presto il titolo da un libro di Henri Thomasson edito dalle edizioni l'Ottava di Franco Battiato, questa volta, il titolo si ispira al bel film – documentario di Goutam Ghose “Impermanence”. Come dice il Dalai Lama : “Chi ha profonde esperienze interiori non le mostra all'esterno”, per questo motivo crediamo fermamente che Stefano Scala, abbia soprattutto il merito di portarci attraverso l'ascolto dei suoi quadri sonori, in giro per il mondo, facendo spesso risvegliare la nostra parte interiore assopita…e questo è già molto – Grazie !
(Incontri e Spiritualità – Pino Joso)
Il Tibet era una meta quasi inevitabile per Stefano Scala e per la sua musica. Fin dall'inizio della sua carriera discografica, cominciata nel 1997 con Nel Mondo non del Mondo, Scala è andato alla ricerca di suoni in tutti i continenti, fedele ad un pensiero sulla musica, quale mezzo per mettere in comunicazione culture diverse o addirittura quale strumento terapeutico. Insieme a validi collaboratori, ha portato il fascino del Tibet e dei suoi riti spirituali alle nostre orecchie ed al nostro cuore. L'energia che scaturisce da quest'ascolto è certamente ottima !Con Impermanence il Maestro Scala ha tentato di ricreare l'atmosfera particolarissima delle zone del tetto del mondo e vi è riuscito…alla grande! Non è un Cd destinato a puristi o musicologi, piuttosto il resoconto in musica di un viaggio alla ricerca di una esperienza meditativa, indicataci ancora una volta da Scala attraverso i suoi “suoni da viaggio interiore”. Impermanence è uno di quei lavori che chiede di esser ascoltato per intero, per poter meditare attorno alla sacra montagna, il Kailash.
(Suoni ed Incontri – Stella Panza)
In Impermanence troviamo la consueta ricerca musicale e spirituale di Scala. Le musiche del nuovo lavoro sono ispirate al Tibet ed al suo popolo; gli artisti, compagni di questo nuovo viaggio di Scala sono tutti artisti che “sentono in prima persona” le problematiche inerenti alla questione tibetana, oggigiorno sempre piu' al centro degli avvenimenti. Impermanence è riconducibile ad un pellegrinaggio, dove cerimonie di iniziazione tantriche si mescolano con feste nei villaggi che a loro volta si uniscono ai ritmi ciclici della nostra esistenza. Sonorità ambient e ricerca del suono acustico, sono l'asse portante di queste nuove musiche, ispirate e meditate. Una nota particolare per il brano Impermanence : il groove tra archi, basso, batteria e synth è spiazzante. Tutto il cd fino a quel punto è ispirato da una vena musicale etno-ambient rituale e meditativa, per poi all'improvviso esser richiamati da un ritmo rock- pop che ha un suo senso. Una progressione ritmica ciclica che spiega metaforicamente la circoambulazione dei pellegrini attorno alla montagna sacra, il Kailash. Un bel disco. Che certamente si dovrà assaporare in piu' riprese, forse non immediato ma certamente assai meditato e senza dubbio artisticamente e spiritualmente molto degno di esser annoverato tra i cd che “aprono gli occhi”. Ben vengano lavori come questo.
( MD & HF - Sergio Ballabadan )
In un periodo in cui, causa prossime Olimpiadi, stranamente si sente parlare molto del Tibet e del suo popolo, abbandonato da lungo tempo alla persecuzione e all'oppressione del governo cinese che ne ha occupato militarmente da decenni il territorio annettendolo abitrariamente alla Cina, con il sostanziale assenso di tutti quei Paesi occidentali che invece proprio ora vorrebbero dare ipocritamente l'impressione di essere vivamente preoccupati per le sorti dello stesso popolo tibetetano, mi è giunto a casa questo nuovo CD di Stefano Scala, dal titolo "Impermanence", evidentemente ispirato a quei territori e alla cultura dei suoi abitanti nativi. Ovviamente l'autore del CD aveva in lavorazione quest'opera già molto prima dei recenti e particolarmente drammatici avvenimenti, quindi non si pensi assolutamente ad una manovra "furba" e strumentale nata per sfruttare la momentanea (purtroppo) "popolarità" dell'argomento sulla carta stampata e sui telegiornali delle emittenti televisive. "Impermanence" potrebbe essere una perfetta colonna sonora per un documentario sul "paese delle nevi", durante il quale scorrono immagini di sentieri e passi di montagna, corsi d'acqua, temporali, pastori nomadi, villaggi, animali al pascolo, ma anche scene di antichi cerimoniali religiosi, templi dorati, monaci, pellegrini... Il CD è realizzato facendo largo uso di strumenti etnici ed acustici di vario genere, non necessariamente di origine tibetana, abbinati a field recordings e quindi a molti suoni naturali di pioggia, vento, acqua, campionamenti di voci, canti, cori, passi, varie attività umane, rumori concreti di metalli, campane, trombe, oggetti di legno, sonagli, semi, richiami, percussioni, con aggiunta di alcuni suoni/substrati di origine elettronica. Soltanto negli ultimi venti minuti circa la musica del CD vira in direzione di soluzioni più "leggere" e d'impronta più tradizionalmente melodica e orecchiabile, "osando" nella seconda parte della title-track persino l'utilizzo di una "classica" parte ritmica di batteria su cui emergono suoni di pads spiccatamente sintetici, e l'inserimento, stavolta in "Kailash II", di una parte molto melodica di pianoforte estratta (leggo dalle note di copertina...) da "Tibetan Dance" di Gurdjeff.
(Oltre il Suono - Giuseppe Verticchio)
|