RECENSIONI CD
COMPAS 2018
Nell'ultimo lavoro del percussionista, Stefano Scala, è ancora una volta il Viaggio inteso come scoperta e riscoperta a far da padrone. Una ricerca, intima come nei brani Sound of Bells di Joao Guimares, Marimba Flamenca di Alice Gomez, oppure nel brano che chiude il CD, l’unico di cui è autore il nostro Stefano Scala, Tango Loco Solo dove marimba e xilomarimba fanno la parte da protagonisti, oppure una ricerca condivisa con piu’ strumenti e piu’ artisti, tutti presi per mano dal nostro leader, che senza esser mai invadente, disegna sulla sua tavolozza colori tratteggiando panorami che ci portano a viaggiare con la mente e con il cuore. In questo lavoro brani di Piazzolla e di Saluzzi, si incrociano con brani di Bizet, Stravinsky e di Satie. Brani famosi come quello di G.M. Rodriguez, La Cumparsita, oppure la celebre Milonga del Angel di Piazzolla, sono qui interpretati in modo discreto e soprattutto con rispetto. Il percussionista milanese utilizza in questo lavoro, oltre alle già citate tastiere percussive, quali marimba e xilomarimba, percussioni varie tra cui spiccano particolari tamburi in legno che danno quel tocco particolare alle ritmiche eseguite dal nostro artista. Come sempre l’attenta ricerca di Stefano Scala, non si ferma solo al pentagramma ma anche agli strumenti da utilizzarsi in ogni situazione diversa e per questo motivo ogni lavoro dell’artista è sempre un viaggio nuovo ed una scoperta . Ascoltare questo Cd è come esser presi per mano da Stefano Scala che insieme ai suoi strumenti ci porta lontano, su sentieri che risvegliano i camminatori desiderosi di nuove emozioni. Buon ascolto .
(Label Press edizioni Pongo New Line – F. B.)
Quella del viaggio è una metafora molto insidiosa. Non fosse altro per la frequenza con la quale viene tirata in ballo, anche nelle recensioni musicali. Se il lavoro in questione poi è di un ricercatore appassionato come Stefano Scala la tentazione di aggrapparsi all’idea del viaggio si fa sempre più consistente. Tuttavia occorre essere chiari e sgombrare il campo dagli equivoci. “Compàs” è qualcosa di più che un viaggio tra i ritmi e le note di autori universalmente noti: Bizet, Stravinskj, Piazzolla, Satie tra gli altri. Il lavoro del percussionista milanese è, come sempre, una ricerca. Nulla di ripetitivo, di olografico. Niente che dia l’impressione di cover da cartolina o riletture da salotto per palati dal gusto superficiale. Nel lavoro di Stefano Scala non c’è la foto di un luogo preciso, ma la radiografia di una ricerca piena di passione e di rispetto per le note, le partiture e le tante intuizioni degli autori originali. Il rischio di rendere all’ascoltatore note buone per la pubblicità di un amaro o di un qualsivoglia deodorante è tenuto lontano da una solida preparazione, da una “retta intenzione”. Dare alla musica il suo ruolo, la sua centralità. Che siano a suonare le marimbe o altre innumerevoli percussioni, quello che traspare è comunque l’intento del musicista di dimostrare quanto preziosa possa essere ogni cultura musicale. Questa sembra essere la missione, il fuoco interiore che anima il percorso musicale di Stefano Scala. Uno sguardo alla sua discografia sembra confermare questa impressione. Nel suo sito www.stefanoscala.com è possibile trovare molte informazioni su questo musicista capace di unificare attraverso l’arte i ritmi dell’Amazzonia con i rituali del Monte Athos. Sono quindici i brani proposti in questo ultimo tassello discografico edito da Pongo New Line e dove tanghi e milonghe sussurrano all’ascoltatore piccole verità senza tempo. Uno solo il pezzo affidato alla creazione dell’autore milanese. Una chiusura in “Tango loco solo” che lascia il sottile rimpianto che Scala non abbia dato altro spazio a se stesso.
( ItaliaNotizie – Antonio La Monica )
Confesso che non conosco e non mi appassiona piu’ di tanto il tango, un pelo di piu’ il flamenco che trovo piu’ emozionante a livello di corpo. Ma Stefano Scala che qui si rivela un bravissimo percussionista (straordinarie le sue marimbe nella rilettura di Marimba Flamenca di Alice Gomez e in Habanera dalla Carmen di Bizet) mette insieme una godibilissima selezione, che pesca dal classico : una Perpetual Tango di Erik Satie, un Tango di Igor Stravinski, il già citato Bizet, persino la Cumparsita di Gerardo Matos Rodriguez e poi da nomi più contemporanei come Astor Piazzolla presente con il suo Caffè 1930 e Night Club 1960 ; poi il Dino Saluzzi di Imagines, una Milonga di Alberto Ginastera e altro ancora, in una oltremodo divertente ed irresistibile sequenza realizzata con stile e grazia davvero sublimi. Stefano Scala non è da solo in questo progetto …si circonda di una miriade di strumentisti...tra fiati, archi, chitarre, naturalmente bandoneon e fisarmonica. Tra passi di danza, ritmi sensuali, cuori lacerati e battiti pulsanti, Scala si manifesta gran cerimoniere con le sue svariate percussioni, riservando a se stesso un solo pezzo originale, posto in chiusura, un Tango Loco Solo che dice tutto in meno di due minuti.
( Blow Up – Gino Dal Soler )
Un lavoro affascinante, l’ultimo CD di Stefano Scala, il quale, con la collaborazione di altri musicisti, tanti alla loro prima vera seduta di registrazione riesce a farci viaggiare tra ritmi di tango, flamenco, milonga e habanera. Il percussionista milanese, prende per mano i suoi colleghi, accompagnandoli in modo mai invadente, per ritmi e passi di danza di balli ricchi di storia. Se a qualcuno, può apparire inconsueto che un musicista italiano decida di proporre un CD di tale musica è perché non conosce l’artista Stefano Scala. In passato ha realizzato lavori discografici, per esempio sull’Africa, la Cina e il Giappone, sempre con l’intento del viaggio come scoperta e riscoperta di altri suoni e di altri mondi dove Stefano Scala, appassionato musicista, compositore, ricercatore musicale ed etnomusicologo, approda alla realizzazione di questo CD attraverso un lungo percorso di studio e di documentazione. Tecnica esecutiva e qualità del suono assolutamente buoni, oltre ad un evidente grande spirito di ricerca e profonda passione e senso di ispirazione, invitano all’ascolto di questo nuovo lavoro.
(Invito all’ascolto – Rino Capozzo)
Con Compas, l’artista milanese, Stefano Scala, questa volta ci porta a viaggiare, come sua abitudine, verso mondi che coinvolgono cadenze di tango, habanera, milonga e flamenco. Tutto il lavoro è ricco di sfumature ritmiche dove il percussionista italiano in punta di piedi sorregge e sostiene i suoi compagni di viaggio in emozioni sonore scandite dal pulsare delle danze e dei tempi che riempiono con delicatezza i brani del nuovo lavoro discografico. Autori come Satiè, Stravinski, Bizet, Piazzolla, Saluzzi, ecc trovano un legame vero e sincero nell’incedere ritmico, pieno di colori e sfumature sapienti scaturite dagli strumenti utilizzati da Stefano Scala e dai suoi collaboratori fino ad accompagnarci su ritmi di danze e su melodie cariche di atmosfere. Gioia e malinconia possono esser svelate nelle trame di un attento ascolto di ogni brano. Sapientemente, in alcuni brani Stefano Scala, usa in punta di piedi, senza mai esser troppo presente, per dare il giusto spazio ai suoi collaboratori, tastiere quali marimba e xilomarimba, percussioni di vario genere e batteria. La presenza di chitarre, violino, cello, piano, liuto, fisarmonica e bandoneon portano allo sviluppo melodico ed armonico il percorso ritmico percussivo di ricerca di Scala. Un lavoro da ascoltare , come tutti i lavori del percussionista milanese, con attenzione. Vivamente consigliato.
(Nuovi Orizzonti – Aldo Visnara )
Questa volta il percussionista italiano Stefano Scala, ci consegna un lavoro discografico, non in solo, come negli ultimi anni ha fatto, ma realizzato con l’aiuto di diversi musicisti, italiani, argentini e spagnoli. Il lavoro si sviluppa attraverso cadenze e ritmi che portano l’immaginario di ogni ascoltatore verso mondi di danze e passi di tango, milonga, habanera, flamenco e tutto il lavoro discografico si ascolta in un attimo. E’ un piacere poter ascoltare le singole sfumature ritmiche e percussive realizzate da Stefano Scala e dai suoi compagni di viaggio. Anche questa volta come sempre, Scala ci porta in viaggio, con i suoi colori, le sue emozioni, i suoi ritmi, le sue melodie fino a farci anche questa volta innamorare della sua voglia di ricerca sonora. Una ricerca sonora sempre presente nei suoi lavori, oserei dire un marchio di fabbrica che non svaluta i suoi lavori, anzi li rafforza. Basta ascoltare le sfumature del suo percuotere che sembra esser fatto con pennelli per dare colore ad ogni passo di danza, senza pero’ lasciare indietro la vera pulsazione ritmica di questo nuovo lavoro discografico.
(Musiche Fuori Confine – Katya Canepa )
In questo nuovo lavoro del percussionista milanese, Stefano Scala, la consueta ricerca del ritmo è forse meno evidente ma non per questo assente. Nell’ascoltare attentamente ogni singola traccia possiamo scoprire sonorità e ritmi molto interessanti che passano dal Tango del Barrio di Buenos Aires di Piazzolla, dove i toni melodrammatici misti a quelli gioiosi si incrociano con gli odori del luogo a quelle sonorità di origine rurale di Dino Saluzzi, compositore che il nostro Scala, ama molto. Spunti Jazz e di musica classica, oltre che popolare sono i semi di questo lavoro, ricco di emozioni nascoste, intimo ma non per questo meno caloroso rispetto ad altri lavori del percussionista milanese. Brani di Stravinsky, Satie, Bizet, insieme a brani di compositori sudamericani, si sommano in un ascolto nostalgico. Ogni brano è sostenuto da percussioni, prevalentemente di legno che ci portano il calore delle danza e dei ritmi che riempiono questo Cd : Tango, Milonga, Habanera, Flamenco, diventano poesia sonora e viaggi da fare ad occhi chiusi .
( Nuove Frontiere – Ciro Del Duca )
Ah il Sudamerica. Parlando di percussioni è un mondo ricchissimo, ma in alcuni punti inesplorato da noi europei. Il percussionista milanese Stefano Scala, con il suo Compas, si fa ispirare dalla musica argentina, una tradizione certamente piu’ vicina alla musica popolare europea e alla musica classica. Tanto classica da far diventare dei classici i suoi autori del ‘900 come Alberto Ginastera, Dino Saluzzi, piu’ vicino al jazz e il re del nuevo tango Astor Piazzolla. Tanto ricca di ispirazione da farsi amare da compositori contemporanei come Igor Stravinsky. In questo fertilissimo terreno muove i suoi passi Stefano Scala, si direbbe quasi a piedi scalzi, per rispettare il suono e una tradizione musicale che prevede pochi strumenti a percussione ma con parti ben definite…..il legno della marimba, la pelle dei tamburi, i semi degli shaker : le percussioni danno poco spazio al metallo e lasciano gli altri strumenti liberi di occupare le loro frequenze naturali in un gioco di incastri musicali. Brano per brano troviamo pianoforte, chitarra, fiati, liuti, archi e l’immancabile bandoneon….Compas si muove fra tango, milonga e musica classica, senza dimenticare alcuni parenti stretti di questi generi, come il flamenco e l’habanera, in un viaggio che non è solo musicale, ma anche emotivo e sensoriale.
(Giornalista – batterista Mario A. Riggio)
Colpisce questo nuovo lavoro di Stefano Scala, innanzitutto per la novità di rinunciare alla composizione originale ispirata dalle sue ricerche in campo etnomusicologico e antropologico propria dei cd precedenti, per attingere invece ad un repertorio di brani di diversi autori accomunati dall’esplorazione di quel vasto continente sonoro e musicale rappresentato dal tango.Cominciamo dal titolo: “Compas”, che in senso musicale significa “andare a tempo” (potremmo grossolanamente tradurre “con passo”), e che richiama il ritmo, elemento imprescindibile della musica di Scala. Nel suo significato letterale indica il compasso: con una suggestione visionaria possiamo immaginare lo strumento tecnico che disegna un cerchio, forma perfetta realizzata da due elementi distinti ma uniti, come due ballerini legati dalla testa e dal petto che si muovono separati e uniti contemporaneamente, destinati a trovarsi solo una volta raggiunto il centro. E ancora un significato terzo del termine è bussola, come se un ritmo potesse darci una cadenza per orientarci nella vita, come scrive l’autore nelle note all’interno del libretto: “una movenza seguendo l’istinto di una Habanera, insieme al battito del cuore per ricordarsi di un’antica verità”.
Ed è in effetti un viaggio quello che ci propone Stefano Scala, e lo riconosciamo alla ricerca di quei “bagliori dell’anima” che ancora lo stimolano, questa volta cercati nella musica colta e popolare del continente latino americano o di chi da esso si è sentito ispirato e stimolato. Un viaggio in cui riconosciamo una volta ancora che la musica è un territorio che non vuole muri o confini, in cui lo scambio culturale diventa arricchimento e trasformazione preziosa e vitale, rinascimento necessario.
Forse per questo il brano più antico del cd è proprio rinascimentale: una Calata a la spagnola della fine del quattrocento composta dal milanese Joan Ambrosio Dalza e qui suonata dal bravo liutista Davide Bortolai, arricchita e attualizzata dalle percussioni di Scala e forse non a caso, simbolicamente, da un intervento ai campionamenti di suo figlio Francesco. Esploriamo i brani lasciandoci trasportare dall’evocato tema del viaggio: la scelta del frammento di Perpetual Tango di Satie in apertura, oltre ad essere un omaggio al precursore, visionario e anticonformista autore francese ci anticipa che troveremo sì la tradizione (la Cumparsita di Rodriguez ma anche Cafè 1930, Night 1960 e la Milonga del Angel di Piazzolla), i classici (il celebre Tango di Igor Stravinsky e la Habanera di Bizet), ma anche incursioni di artisti contemporanei (la Marimba flamenca della “sciamana” polistrumentista Alice Gomez, i Recuerdos e le Imagines di Dino Saluzzi).
Scala si muove con grande leggerezza su tutte le composizioni sia che utilizzi marimba e batteria, sia che si muova su percussioni etniche e tradizionali, avvalendosi di numerosi validi musicisti che, come lui, si trovano a proprio agio affrontando il repertorio con grande rispetto ma senza rinunciare al proprio valore interpretativo. Spiccano a mio parere alcune indovinate soluzioni timbriche: il clarinetto di Mario Marini su Night Club 1960, la delicatezza del flauto traverso di Donatella Azzarelli sulla Habanera, il Bandoneon di Alfonso Pinto in Imagines, e il violoncello di Anja Kovacic nei brani di Piazzolla. Gaio Brivio passa con naturalezza dalla direzione ed esecuzione pianistica classica de la Cumparsita alla modernità del Tango di Stravinsky.
C’è spazio anche per una delicatissima completa rilettura per percussioni di Sounds of Bells, brano del chitarrista e compositore brasiliano Joao Guimaraes detto Pernambuco (anch’egli un precursore stimatissimo da Villa Lobos), e per una versione strumentale della canzone Peregrina del messicano Ricardo Palmerin, scritta all’inizio del secolo scorso.
Mi piace cercare nella storia di questo brano la traccia del senso più profondo di questo disco. Ne racconta bene Pino Cacucci (il nostro scrittore più attento alla cultura messicana) nel suo “Mahahual”: è la storia d’amore fra un governatore illuminato dello Yucatan di quegli anni, Felipe Carrillo Puerto, e una giornalista “gringa” coraggiosa e bella, Alma Reed, che arrivò dagli Stati Uniti negli anni ‘20 per denunciare la depredazione del patrimonio archeologico di quelle terre da parte di diplomatici Usa. Una storia d’amore che ispirò il poeta Louis Rosado Vega che ne scrisse il testo dopo averli visti insieme. Alma Reed in patria aveva salvato un ragazzo messicano condannato a morte grazie ad una campagna che arrivò ad ottenere una legge contro l’esecuzione capitale di minorenni. Carrillo Puerto si fece catturare per non mandare alla morte contadini armati solo di vanghe di fronte ad un esercito regolare, e le sue ultime parole davanti al plotone d’esecuzione furono “Messico non abbandonare i miei indios”. Nei nostri giorni senza memoria e con poca umanità, si apprezza profondamente un lavoro che cerchi ed esplori le radici musicali di uno dei generi musicali più meticci e passionali, sullo sfondo del rio della Plata e della città porto di Buenos Aires; un genere che celebra l’incontro, musicale e non, come unica possibilità di vita autentica, come scrive ancora Scala nell’ultima frase delle note di copertina “ (...) lo sguardo di due ballerini intenso, sensuale, talvolta triste: fondersi l’uno nell’altro fino ad inabissarsi nella vita e nella morte per potersi sempre guardare”.
(Musicoterapista – Stefano Taglietti)
Ricercatore musicale, musicista, compositore e musicoterapista, il percussionista milanese aggiunge un ennesimo tassello alla sua lunga discografia. I 15 brani, corredati da un lungo elenco di collaboratori, viaggiano in un contesto (strumentale) in cui si passa dal tango alla milonga al flamenco. Atmosfere avvolgenti e affascinanti, tenui, quasi “esotiche” che esaltano il carattere di ricerca che permea il disco.
(Radiocoop – Antonio Bacciocchi) |